Cringe: cosa vuol dire e come si usa?
- Studente In Crisi
- 26 Gennaio 2021
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“Che cringe!”: scommetto che hai letto sui social questa parola almeno un centinaio di volte nell’ultimo anno, ma ancora non ne conosci il significato. Sbaglio?
Poi scommetto anche che non fai parte, ahimè, della generazione Z, altrimenti non saresti qui. Anzi, sei quello che la generazione Z percula e definisce come vero e proprio boomer, e con questo dobbiamo farci i conti purtroppo.
Ma torniamo a noi e al quesito iniziale. Che cosa vuol dire questa parola? Quando viene usato? In che modo? Partiamo subito con la definizione.
Cringe è sostantivo e aggettivo al tempo stesso.
Il sostantivo designa il fenomeno del suscitare imbarazzo e, in particolare, le scene, le immagini, i comportamenti che causano tale sensazione.
L’aggettivo significa, sostanzialmente, “imbarazzante”.
È la stessa Accademia della Crusca a inserire questo neologismo nelle parole nuove del vocabolario della lingua italiana, attestando la sua diffusione nel 2011, per poi attestarsi definitivamente nel dicembre 2020.
Quindi questa parola indica tutto ciò che, alla vista, suscita un senso di imbarazzo in due sensi: sia per la situazione che descrive in quel momento, sia per quella che prefigura in un ipotetico futuro. Da qui deriva l’uso, meno diffuso, di “cringiare” (e questo è cringe anche per noi).
Insomma, un termine che nasce e si nutre di social media, al di fuori dei quali è davvero inusuale sentirlo utilizzare.
Vediamo qualche esempio:
- “Questa scena è davvero cringe”
- “Sto cringiando al solo pensiero”
- “Quanto sei cringe quando ti comporti così!”
Il termine deriva dall’inglese to cringe, che, secondo il Cambridge Dictionary, significa “to feel very embarassed”, e dal conseguente sostantivo cringe, ovvero “the act of cringing”.
Questa parola, col tempo, ha cominciato ad essere sempre più usata dai giovanissimi, fino a essere diventata attributo di certe commedie che basano il proprio umorismo su situazioni imbarazzanti che capitano continuamente ai protagonisti. Così, “La peggior settimana della mia vita” di Alessandro Genovesi ha finito per essere definito come una “cringe comedy” già nel 2011.
Attenzione: usa questo termine con moderazione, per non essere etichettato come “cringe” a tua volta! Il confine è sempre molto sottile :)