Le dodici fatiche dello studente universitario
Gli studenti universitari non hanno a che fare con Idra, leoni o altre creature pericolose, ma alcune delle nostre giornate prevedono momenti che mettono a dura prova la pazienza e la volontà di ciascuno. Vediamo quali sono i più comuni:
– Alzarsi dal letto all’ alba:
l’ università è lontana, le lezioni iniziano alle 8 e il professore non ammette ritardi. L’ unica soluzione è svegliarsi prestissimo e abbandonare il piumone caldo e avvolgente per immergersi nel gelido freddo invernale. Considerato lo sforzo fisico e mentale che quest’ operazione richiede, chi la mette in pratica quotidianamente non avrebbe problemi ad essere sottoposto all’ addestramento dei marines.
– Il ritardo dei mezzi pubblici e il tragitto casa-università:
se si abita lontano dall’ università e la macchina non sembra una buona opzione per arrivarci, non resta che affidarsi ai mezzi pubblici e alla loro mancanza di puntualità. Essendo spesso in ritardo, quando l’ autobus o il treno arriva è stracolmo di gente tutti i gusti+1: persone che salgono al capolinea e scendono al capolinea, ma che per qualche oscura ragione decidono comunque di sostare davanti alle porte; ragazzi che si raccontano a gran voce le ultime novità della loro vita, ignorando che alle sette del mattino urlare dovrebbe essere vietato dalla Convenzione di Ginevra; anziani che si lamentano per i loro acciacchi e la maleducazione dei giovani d’ oggi; gente che non si lava ed è vestita con gli stessi abiti che ha portato per tutta la settimana precedente. Insomma, se non fosse per il ritardo colossale e il disagio psicofisico che arrecano, dovremmo apprezzare lo spaccato di società offerto dai mezzi pubblici.
– Il traffico:
se abitate in una grande città e piove proprio il giorno in cui avete lezione la mattina presto, armatevi di tanta, tanta, tanta pazienza. In giorni del genere assistiamo ad un fenomeno di cui gli studiosi stanno ancora indagando le cause: il tradizionale sprint di molti automobilisti, che solitamente pensano di essere Dominic Toretto a bordo di un bolide da corsa, svanisce, lasciando il posto ad una guida eccessivamente rallentata che non contribuisce a migliorare le condizioni del traffico.
– Il ritardo del professore e la lezione saltata:
avvisare dello spostamento o della cancellazione di una lezione non costa nulla, eppure spesso e volentieri i professori non lo fanno. In questo caso non c’ entra niente il cattivo rapporto con la tecnologia, è una questione di correttezza e rispetto nei nostri confronti. Ogni volta che si affronta questo discorso, nell’ immaginario collettivo degli studenti i docenti appaiono seduti ad un tavolo avvolto dalle fiamme, intenti a confabulare sulla prossima mossa da attuare per renderci la vita impossibile: “E se tutti quanti mettessimo gli appelli lo stesso giorno?!”; “Sovrapponiamo la mia lezione con le vostre!”. La concretizzazione dell’ Inferno dantesco.
– La temperatura all’ interno degli atenei:
è pieno inverno e si gela, così decidiamo di indossare un maglione di lana, una felpa di pile, o qualsiasi altra cosa adatta alla stagione. Non appena arriviamo all’ università, sembra di entrare nel cratere di un vulcano: veniamo assaliti da un caldo opprimente, come se qualcuno avesse acceso un phon enorme, così siamo costretti a toglierci la tenuta da eschimese: felpa o maglione, giubbotto, sciarpa o scalda-collo, cappello e guanti. In questi casi uscire a fumare una sigaretta diventa un’ operazione molto complicata, che in linea di massima prevede tre step: 1) rivestirsi e tornare a sembrare l’ omino Michelin; 2) armarsi di coraggio e decidere di uscire; 3) maledire chi gestisce la temperatura all’ interno degli atenei, mentre il gelo fa battere i denti.
– Il docente soporifero:
solitamente capita di prima mattina o dopo pranzo, ed è una lotta all’ ultimo sangue fra lui e la nostra palpebra calante. Le luci al neon purtroppo non fanno il tifo per noi.
– Il chiacchiericcio di sottofondo durante la lezione:
cos’ ha da raccontarsi la gente che parla già alle otto di mattina? Con cosa fanno colazione queste persone? Hanno qualche superpotere che tengono nascosto per evitare l’ incredibile popolarità da cui sarebbero invase? Sono degli automi che hanno occupato il pianeta Terra senza che noi ce ne accorgessimo? Gli scienziati di tutto il mondo stanno provando a dare una risposta a queste domande, ma i dati raccolti finora sono ancora troppo vaghi per permettere di elaborare un’ ipotesi credibile.
– La mancanza di carta e sapone nei bagni:
considerata la quantità industriale di fazzoletti e gel igienizzanti di cui siamo costretti a fare uso, potremmo diventare il nuovo volto di Kleenex o Amuchina. Ogni volta che uno studente universitario sperimenta un nuovo locale, il confronto fra il bagno di quel posto e quello dell’ università scatta in automatico “Si sente profumo di pulito e c’ è addirittura il gancio per appendere la borsa! Questo posto è un paradiso!” con tanto di occhi a cuoricino.
– L’ assenza di posti in biblioteca:
come per un parcheggio al centro di una grande città di sabato sera, trovare un posto non occupato in biblioteca regala un senso di incredulità e soddisfazione che migliora la giornata.
– La merendina che si incastra nel distributore:
questa è proprio una chicca, la ciliegina sulla torta di una giornata molto probabilmente abbastanza faticosa già di per sè. Soltanto Jim Carrey in “Una settimana da Dio” potrebbe capire la situazione.
– Il costo spropositato dei libri:
fotocopiare i libri è un reato, ma non dovrebbe essere altrettanto illegale far pagare 40.00 € un testo di cento pagine? In questo caso gli studenti di medicina potrebbero organizzarsi per un trapianto d’ organi.
– L’ incompetenza della segreteria studenti:
la probabilità che la segreteria riesca a fornire informazioni corrette è la stessa di ricevere la risposta di un professore ad un’ email scritta in modo accuratissimo. Ci auguriamo che la vita privata delle persone che lavorano in segreteria non sia altrettanto confusa come le informazioni che forniscono.
A voi vengono in mente altre situazioni che caratterizzano le nostre giornate più nere? Avete un’ esperienza particolare da raccontare?
Scritto da: Serena Macrini
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