Università: cinque tipi umani da evitare (specie se sei una matricola)
- MARIANGELA FRANCINI
- 8 Novembre 2016
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Alle superiori sei stato abituato a trattare con un massimo di venti-venticinque persone per volta: in un’ aula universitaria ce ne stanno anche un centinaio, e prima o poi dovrai interagire con tutte loro. Mai come in facoltà l’ isolamento è pericoloso, e farsi degli amici potrebbe migliorarti la carriera, oltre a regalarti momenti che, tra qualche anno, potrebbero trovare un posto tra i migliori della tua vita: nonostante ciò ci sono alcuni tipi umani che per il bene della tua carriera (e della tua sanità mentale) faresti meglio a evitare da subito.
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Università: cinque tipi umani da evitare (specie se sei una matricola)
Il fatalista
Dal primo giorno si trascina in aula con l’ espressione di un agnello prima di Pasquetta, lascia cadere la borsa sul pavimento e tira fuori un registratore, una matita masticata e un foglio che doveva esser stato, un tempo, intero. Attacca il registratore e non scrive una parola: fissa il vuoto con espressione rassegnata e malinconica. Se gli si chiedono informazioni sul corso, sulla materia, sul meteo o sulle ultime manovre economiche della Papuasia risponderà sempre nello stesso modo: “Heh. Questa è la materia più difficile del corso, e noi abbiamo il docente più infame. Fossi in te cambierei corso, o facoltà.”Se è di buonumore, ti indicherà anche le cinque vie più veloci per raggiungere l’ altro mondo.
Lo scroccone
“Ciao bello, hai mica [inserire oggetto casuale qui]?” ecco, questa è la tipica frase con cui entrerà, che tu lo voglia o no, nella tua giornata. Spicci per il caffè, registrazioni, appunti, penne, visualizzazioni: tutto, nella testa dello scroccone, deve essere ottenuto con il minimo sforzo e, ovviamente, senza sborsi. La sua innata pigrizia scompare in un singolo caso: quando si prospetta un guadagno. Vendite di libri usati, volantinaggio, contrabbando di carlini: sacrificherà qualunque cosa per ottenere qualche euro in più.
Il fanatico politico di sinistra
Non è un semplice attivista: per lui o lei la causa è vita, il ciclostile una santa crociata, la raccolta di numeri di telefono per i collettivi un’ opera di misericordia e, innanzitutto, la lotta di classe l’ unica soluzione possibile. Manca il lavoro? Lotta di classe. Il soffitto dell’aula d’informatica gocciola alle prime piogge? Bacinella e lotta di classe. La macchinetta non risputa il resto? Un pugno, un paio di scossoni e lotta di classe. Il fatto che i suoi vestiti alternativi siano stati confezionati da piccole mani indiane è un altro discorso.
Il fanatico politico di destra
Ne avverti l’ odore nell’aria. Generalmente virano sul vaniglia, ma vi mescolano l’ odore del cuoio, della naftalina di sartoria e dell’ultimo profumo proposto alla Settimana della Moda di Milano. Si presentano prima delle lezioni, con fare colto e salottiero, e spiegano con entusiasmo brillante, tanto brillante da diffondersi nell’aria sotto forma di sottile polverina bianca, le loro dolci attività di tutela dell’ordine e del naturale corso della società. Vi aspettavate una descrizione di inquietanti tizi in giacche di pelle e scarponi? Quelli sono gli uomini di mano.
Il “Devoto di Maria”
Non è quel ragazzo con la camicia abbottonata fino al collo che sgrana rosari in preda all’ansia prima di ogni esame: al contrario, è il ritratto della tranquillità, in ogni circostanza o quasi. Arriva in aula verso metà lezione, entra noncurante delle eventuali occhiatacce del docente e fa alzare tutta la fila per sistemarsi esattamente a metà di questa: una volta lì, sfodera un walkman a cassette impostato in rec mode, lo attacca e si prepara per il delicato lavoro di confezione artigianale di sigarette- o qualunque cosa siano- che di norma occupa tutto il tempo restante. Una caratteristica lo contraddistingue senza possibilità di errori: è l’ unico che si presenta sorridente alle lezioni delle otto.